La breccia corallina a San Severo

Premessa

La breccia corallina appartiene più precisamente alla categoria delle “puddinghe” ,depositi di rocce alluvionali dove gli inserti sono caratterizzati da lati arrotondati e non a spigoli vivi.

I manuali di mineralogia e i testi di storia antica catalogano la breccia corallina tra i marmi antichi.
L’uso di questo materiale viene considerato costante ma limitato,nell’ambito dell’architettura romana , l’editto di Diocleziano ,pervenuto sottoforma di frammento, riporta il nome di 20 marmi usati correntemente per la decorazione di edifici; tra questi con molta probabilità , la breccia corallina  viene riportata con il nome di ANAKASTENOS e POTOMOGALLENOS anche se la mancanza della descrizione ne rende dubbia la sicura attribuzione. Le fonti di approvvigionamento vengono fatte risalire in Bitinia e in Siria .

La breccia corallina nelle architetture storiche di San Severo
L’uso parsimonioso di questa roccia ,visibile nelle poche architetture duecentesche  di San Severo, pone inevitabilmente dei collegamenti  storici con monumenti esistenti nei dintorni, fino a Castel del Monte passando ovviamente per Santa Maria di Ripalta.
Il tredicesimo secolo portò in capitanata un nuovo fervore costruttivo generato dall’attività  Federiciana nella realizzazione di domus e castelli . Schiere di lapicidi locali formati sotto la direzione di tecnici d’oltralpe e con la collaborazione di manodopera cistercense diedero vita a un nuovo linguaggio architettonico riconoscibile per le ampie superfici lisce ,in blocchi di pietra squadrata, dove le aperture come portali, archivolti ecc. costituivano l’unica decorazione in cui erano presenti elementi naturalistici disposti aritmicamente. In Puglia due cantieri , l’uno in terra di Bari e l’altro in Capitanata risultano attivi nello stesso periodo (1240 circa), Santa Maria di Ripalta in provincia di Foggia e Castel del Monte in provincia di Bari.


Portale d'ingresso di Castel del Monte. Il colore dell'impasto e la granulometria sono molto simili agli elementi presenti nelle fabbriche di San Severo (Fg)



La contemporaneità operativa fa si che alcuni materiali lapidei vengano cavati  (almeno così pare) dagli stessi luoghi. Dopo la morte di Federico II ed il passaggio della Puglia agli Angioini si assiste ad una ripresa dell’architettura religiosa caldeggiata in particolare da Carlo I d’Angiò che promuove un grande programma edilizio tra cui l’abbazia di Scurcola nella Marsica e Scafati vicino Salerno. Nello stesso periodo (1296) in Capitanata, a San Severo, fu spogliato dell’apparato marmoreo il palazzo di Federico ed i marmi di risulta vennero riusati per l’ampliamento e l”abbellimento” delle maggiori chiese esistenti.

frammento di breccia Corallina tagliato e lucidato


Nella descrizione di Castel del Monte di Stella Calò Mariani, la breccia corallina è considerata la pietra cara a Federico II per decorare le aperture e le porte delle sue residenze; alcune sale del castello avevano le pareti completamente rivestite del suddetto materiale usato a lastre sottili, oggi purtroppo, completamente asportate. La provenienza della breccia usata a Castel del Monte secondo la Calò Mariani è di natura garganica mentre fonti locali la considerano cavata nei pressi del castello: in particolare, da ricerche esperite presso aziende artigianali di Apricena si è saputo che esiste una breccia corallina che viene estratta  ai piedi del Gargano, tra Apricena e Sannicandro Garganico ,più precisamente in località Santa Lucia, non lontana da Castel Pagano. In una visita diretta nei luoghi ora citati, è stato possibile rinvenire una quantità cospicua di massi di risulta di lavorazione svolta nel passato, mentre ,sempre nei pressi è stata visitata una cava di recente apertura con produzione di breccia, rosso e pietra chiara con inserti di conchiglie fossili.

 L’uso più cospicuo della breccia corallina  a San Severo è ancora visibile in costruzioni antiche come la chiesa di San Severino dove la ritroviamo negli archi della  bifora nel lato sud della torre campanaria e in un archetto sopra la porta d’ingresso ad ovest,è adoperata inoltre nella balaustra della scalinata d’accesso al primo piano del monastero di San Francesco .

Episodi isolati sono rappresentati da una acquasantiera nella parete del coro della chiesa di Santa Maria della Pietà, qualche blocco nel portale a nord al piano terra del monastero dei Celestini e una colonna spezzata usata come paraspigolo tra via Imbriani e via Ripoli. Durante recenti operazioni di rimozione di intonaco in un cortile di una casa nei pressi della chiesa di San Severino è venuto alla luce una vecchia porta, oggi murata, i cui stipiti sono di  breccia corallina, molto simile per grana ed impasto a quella di Castel del Monte. In particolare è l’unico esempio riscontrato di breccia corallina adoperata in un’architettura civile a San Severo. Un blocchetto è presente sulla facciata di un locale commerciale a sinistra della facciata ovest della chiesa di San Severino sullo stesso lato della chiesa  ed un altro blocco, simile a quest’ultimo si trova nella facciata laterale della chiesa di San Francesco , frammenti meno consistenti affiorano in murature ricostruite dopo i terremoti distruttivi che hanno caratterizzato l’abitato nel 1627 e 1731.

È singolare che le brecce antiche da sempre visibili e i rinvenimenti recenti (non visibili per il loro trovarsi all'interno di un'abitazione privata e per imposti motivi di riservatezza) si trovino nell’ambito di un percorso ideale che collega il monastero di San Francesco con la chiesa di San Severino. In particolare, la fabbrica sul cui muro perimetrale è stato rinvenuto di recente il portale ,di fronte all'ingresso ovest della chiesa di san Severino, inizialmente identificata con il palazzo del principe, ad un confronto diretto con studiosi del settore è stata attribuita all'abate Terrae Maioris.
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I blocchi dei due stipiti verticali, su di un pianerottolo a cui si arriva per una scalinata esterna in pietra, sono stati misurati e risultano essere larghi come quelli della bifora in breccia corallina presente sul campanile dirimpetto. Si tratta di una coincidenza ?. Personalmente sono convinto che la bifora si trovasse inizialmente sullo stesso muro dove oggi si trova il portale e solo dopo eventi eccezionali come può essere un sisma, sia stato "recuperato" per la ricostruzione del campanile. Un piccolo particolare curioso, sulla sommità delo stipite destro , in un foro si trova quel che rimane di un'asta di ferro: probabilmente un gancio su cui si fissava una torcia per illuminare di notte sia il pianerottolo che la scala.

Particolare dello stipite destro, con il frammento metallico nel foro quadrato  


Stipiti in breccia corallina


  Il percorso “ideale” della breccia corallina passa anche per Castelnuovo della Daunia dove nella facciata di Santa Maria della Stella è possibile ammirare quello che resta di un antico portale in breccia corallina un tempo appartenente al monastero di  S. Matteo della Sculgola, una località un tempo esistente tra Casalvecchio e Torremaggiore.




Il portale che da solo merita una visita si ricollega alla tradizionale architettura cistercense con impostazione decorativa e tecnica molto vicina a quella di Santa Maria di Ripalta.
In questa abbazia , visitata di recente per la prima volta, ho avuto modo di notare nel cortile interno un pozzo singolare con la base in breccia corallina e la bocca circolare in pietra bianca. Di questa bocca mi colpì l'aspetto singolare, dovuto alla presenza di  sedici  incastri circolari sul bordo esterno. All'improvviso la rivelazione: quella bocca era l'orbicolare del rosone posto sull'abside della chiesa. Infatti Il rosone era a sedici raggi e, ovviamente, era privo dell'orbicolare. La base del pozzo era stato ricavato da blocchi poderosi di breccia corallina affiancati uno all'altro con gli spigoli arrotondati; solo che nella parte bassa i blocchi presentavano ancora tracce di cornici angolari che evidenziavano la loro origine. Erano gli stipiti di una porta riutilizzati , appunto, per la bocca del pozzo.

Pozzo nel cortile dell'abbazia di Ripalta realizzato con il riuso di elementi architettonici. La base è stata realizzata adattando e scalpellando degli stipiti, mentre per la bocca è stato adoperato l'orbicolare del rosone sull'abside.


Un particolare dell'orbicolare sul cui bordo sono presenti gli innesti dei sedici raggi del rosone.