sabato 24 novembre 2012

Tracce angioine a San Severo


Tracce angioine a San Severo.

Per la cultura locale il terremoto del 1627 è stato un comodo alibi per liquidare in un attimo tutto il medioevo di San Severo. Leggiamo da sempre che, dopo il sisma, la città fu ricostruita in forme barocche.
Da un punto di vista personale, ritengo che molte tracce medievali siano ancora visibili e che risulta incomprensibile la pervicacia con cui si cerca di nascondere , o peggio far scomparire le ultime murature medievali quasi fossero un ingombro o una colpa da tenere ben nascosta. La mancanza  totale di planimetrie, di documenti in grado di restituire l’immagine di una San Severo ai tempi del medioevo lascia il campo aperto alle più svariate congetture , tutte possibili e tutte da dimostrare. A queste carenze si aggiunge la distruzione sistematica del patrimonio storico da parte degli stessi abitanti  che , animati solo da un atteggiamento utilitaristico, non ci pensano due volte a distruggere la storia patria, che evidentemente non amano, pur di costruire un metro cubo in più. Altra caratteristica locale è quella di pasticciare con la storia , mescolando elementi originali con pezzi falsi, modificando i luoghi in modo irreparabile e alterando la lettura dei monumenti.
Pietra del 1352 incastrata nell'architrave dell'ingresso attuale della chiesa di S. Giovanni Battista
Un caso tra i tanti è rappresentato dalla porta d’ingresso della chiesa di San Giovanni Battista.
L'ingresso attuale è situato su via santa Lucia. Nell’architrave, in alto, si trova incastonata una pietra più antica delle altre , con una scritta che  riporta l'anno di costruzione della porta avvenuta nel mese di maggio del 1352. L'ingresso a cui facciamo riferimento fu invece realizzato nel 1744, dopo aver murato la porta della chiesa verso ovest perchè la nuova borghesia allora nascente, trovò più comodo entrare dalla parte dell'abside anzichè  dall'ingresso antico di fronte al quale si trovavano ancora i ruderi del castello con il relativo fossato.  Per rifinire la porta attuale,  furono rimossi gli stipiti con l’architrave e la scritta, appartenenti ad un passaggio che nel 1352 fu aperto per ordine della regina Giovanna I d’Angiò per festeggiare la pace con il cognato Luigi d’Ungheria che l’accusava di aver ordinato l’omicidio  del marito Andrea d’Ungheria. La porta ( della Regina ) fu aperta nella parete laterale della chiesa sul lato nord (dove oggi sorgono delle botteghe). L’apertura dell'ingresso del 1352 coincise con il restauro della chiesa  finanziato dalla regina che donò alla parrocchia di san Giovanni dei terreni all’incrocio del regio tratturo con la via per Torremaggiore. Questi terreni , chiamati per anni i “quadroni della regina Giovanna”, si trovano ancora sulle carte geografiche con il nome di Quadroni di san Giovanni.
 Nello stesso anno (1352) si celebrarono le nozze ,con incoronazione, tra la regina ed il cugino, Luigi di Taranto. Con il riconoscimento dell’innocenza di Giovanna I, ebbero fine le ostilità di Luigi d’Ungheria che, convinto del coinvolgimento della cognata nell’omicidio del fratello, non perdeva occasione per compiere incursioni nel regno di Napoli ricorrendo a bande di mercenari. Il mese di maggio del 1352 fu quindi una data importante per il regno di Napoli rappresentando l’inizio di un periodo di pace e serenità. La notizia di questo importante avvenimento fu inciso nella pietra ( che come detto prima, costituiva l’architrave di una porta aperta in quell'anno sulla parete nord della chiesa) in modo da essere letta da chi attraversava “Porta Castello” per entrare in città. Sulla stessa parete nord della chiesa di san Giovanni, in alto a sinistra, era dipinta l’immagine di san Cristoforo, oggi non più visibile dopo la costruzione del campanile nel 1767.
 Alla base della porta fatta costruire dalla regina, sotto la soglia in pietra, apribile per mezzo di catene( notizia data da testimoni attendibili) , è possibile arrivare in un vano sotterraneo di cui si ignorano ancora le dimensioni e le caratteristiche costruttive per mancanza di rilievi e foto. 
Le cronache del TITO riportano un soggiorno a San Severo della regina Giovanna intorno al 1350. A questo punto non si può escludere che il soggiorno sia avvenuto appunto nell’anno dell’incoronazione (1352). Nel 1365 Giovanna I è a Napoli e qui conosce la regina di Svezia Brigida, futura santa, in soggiorno in Italia per visitare i luoghi francescani.
Nel 1366 la regina Brigida ed il consorte si recano a Montesantangelo per visitare la grotta di san Michele. Data la presenza del castello angioino in quella città non si può escludere che nello stesso periodo si trovasse anche la  regina Giovanna per far gli onori di casa. Sempre negli stessi anni i frati di san Giovanni in Piano( monastero situato su di una collina tra Apricena e Poggio Imperiale) abbandonano il complesso monastico isolato non più sicuro, per trasferirsi a San Severo in un piccolo monastero annesso ad una chiesetta (che diventerà poi quella dei Celestini), edificato su terreni appartenenti un tempo al principe normanno Petrone e da questi donati  ai monaci benedettini .
Sotto il pavimento della chiesa dei Celestini , attraverso un foro quadrato nei pressi dell’altare è oggi possibile vedere la cripta sottostante con nove scranni in muratura dove venivano posti i cadaveri dei monaci. Varie testimonianze rilasciate da  addetti ai lavori, presenti al momento del rinvenimento della cripta affermano la presenza di una scala in muratura murata , in direzione dell’antico chiostro e della presenza di una cripta, poco distante, con una porta protetta da due statue in pietra, a forma di guerrieri , a guardia di quello che si  può supporre potesse essere la tomba di una personalità di rango. Il primo nome che veniva alla mente era appunto quello della regina Giovanna, ma quest’ultima risulta essere sepolta a Montesantangelo nella chiesa di san Francesco fatta costruire dalla stessa : allora chi si trova sepolto sotto il pavimento della chiesa, oltre ai monaci? Voce di bene informati parlano anche di una colata di cemento ordinata dal parroco del tempo ,per  occultare il passaggio appena scoperto. Inutile cautela perchè per individuare eventuali cavità nascoste, oggi la tecnica mette a disposizione dei ricercatori i georadar ,rilevatori computerizzati ad onde elettromagnetiche, in grado di eseguire una sorta di TAC del terreno, e riportare graficamente sia la consistenza del terreno che la dimensione di eventuali vuoti.
 Finestra monofora sulla parete laterale ovest della chiesa di S. Francesco
Particolare della facciata della chiesa di S. Francesco caratterizzata dal riuso di elementi lapidei recuperati come il basamento in cima alla  facciata sotto la croce, formata da cornici di finestre gotiche, montate al contrario
La costruzione della chiesa di san Francesco a Montesantangelo ,ordinata dalla regina Giovanna I fu solo una coincidenza o doveva rappresentare un omaggio alla coppia reale di Svezia in occasione dell'annunziata visita nei luoghi dell’arcangelo Michele?. E se la regina Giovanna avesse fatto edificare anche la chiesa di san Francesco in San Severo.?. Non vi sono documenti che attestano o smentiscono tale ipotesi, ma la facciata della chiesa , se la si immagina con un timpano triangolare al posto di quello attuale, grazie ai  due poderosi costoloni laterali, ricorda immediatamente, anche se in piccolo, la chiesa di santa Chiara di Napoli, fatta costruire dal nonno di Giovanna I.  La parte della chiesa verso l’interno del monastero nasconde le tracce più cospicue di un passato medievale. La recente caduta di una voltina di mattoni fissati a gesso, travolta dal crollo del tetto fatiscente ha fatto riemergere una finestra monofora in pietra, del tutto simile a quelle murate sulla facciata di san Giovanni in Piano. Proseguendo sulla facciata laterale si giunge nei pressi di un piccolo deposito la cui porta d’ingresso è stata ricavata  sotto un arcone ogivale in mattoni. Questo locale dalla pianta quadrata è quello che resta del campanile della chiesa dopo il crollo in seguito al sisma del 1627.
Voltina a crociera con costoloni alla base del campanile crollato della chiesa di S. Francesco
All’interno , si può vedere una piccola meraviglia architettonica , ancora dimenticata : una voltina a crociera con costoloni e chiave d’arco con raggiera. Sembra di trovarsi a Castel del monte.
La fattura e la qualità delle pietre ricordano anche  le volte di santa Maria di Ripalta, coeva di Castel del monte. La presenza di arconi ogivali sulle pareti ci fanno capire che il campanile poteva avere la base passante , come il campanile della cattedrale di Trani. Il piano di calpestio doveva trovarsi ad almeno due metri sotto il livello del pavimento esistente . Questo può desumersi dal fatto che sui capitelli d’angolo ci si può sedere tanto sono bassi. Solo un saggio, con lo scavo del materiale di riporto , potrà accertare il livello effettivo della pavimentazione originaria.Questa ipotesi è suffragata dalla presenza di un arco in mattoni, affiorante dalla pavimentazione del cortile.

 Fonte battesimale nel cortile del convento di S. Francesco
 Depositato in un angolo del giardino , si trova un fonte battesimale ricavato da un blocco di pietra. Che debba trattarsi di un fonte battesimale lo si deduce dalla presenza laterale di un foro di scarico con i resti di perni metallici a cui  un tempo doveva essere fissato il congegno per lo svuotamento della conca.
Tracce angioine sono visibili sulla facciata di un fabbricato lungo via san Giovanni quando dalla chiesa omonima si scende verso corso Gramsci. Ai lati di una finestra al primo piano di un vecchio fabbricato, spuntano dalla parete due mensole in pietra a rostro d'aquila , perfette nella linea e nella fattura si nota immediatamente la loro appartenenza ad un altra cultura , ad una committenza non del luogo, a maestranze forestiere, abituate a lavorazioni raffinate sotto la guida di esperti maestri lapicidi .
Sono elementi architettonici appartenenti al più puro stile gotico che solo una committenza eccezionale poteva permettersi.
Solo per dovere di cronaca occorre notare che nel 1296 Carlo II concesse al clero locale che ne aveva fatto domanda, la facoltà di usare le pietre della Domus Federiciana  all'epoca abbandonata ( la domus detta anche "bellovideri" , secondo alcuni recenti studi potrebbe corrispondere all'attuale castello di San Severo, i cui resti sono ancora visibili nel sottosuolo) per riparare ed abbellire alcune chiese. La domus ,divenne allora una cava di materiale da costruzione. Negli immediati paraggi ,su via san Giovanni i gradini d’ingresso di alcuni portoncini sono costituiti da blocchi di pietra di Montesantangelo uguali per dimensioni a quelli ancora presenti nei sotterranei del Castello.

    

martedì 31 gennaio 2012

la bottega del disordine: Torchi oleari

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