sabato 9 luglio 2011

Il chiostro di palazzo Celestini

I lavori di restauro e valorizzazione di Palazzo Celestini si inseriscono nelle previsioni del PIS Barocco codice V. La progettazione e la direzione lavori sono stati affidati al gruppo di lavoro formato dagli architetti  V. Carbonaro, G. di Capua e L. Pallotta.
Impresa aggiudicatrice dei lavori: EDIL.COR. di Cortellino Mario -Trani-
Inizio dei lavori giugno 2010 ,fine lavori marzo 2011
Oggetto dei lavori: l'antico chiostro del monastero con il ripristino dei primi vani d'accesso ed il rifacimento della rete di smaltimento delle acque piovane.




Planimetria di progetto dell'intero isolato con il recupero di due lati del chiostro, il terzo lato appartiene alla chiesa, mentre il quarto lato, caduto "dalle fondamenta" durante il sisma del 1627 non fu più ricostruito. Nel progetto è stato ipotizzato l'ampliamento della sala consiliare verso il cortile dell'ex stazione dei Carabinieri, per conseguire, oltre all'abbattimento delle barriere architettoniche,  un incremento della ventilazione e dell'illuminazione.

Breve storia del Monastero dei Celestini a San Severo

Qualche anno dopo il terremoto del 1731, non meno disastroso di quello del 1627, per San Severo iniziò un periodo di particolare sviluppo economico  ed edilizio. In stile barocco furono edificati sia i palazzi della borghesia nascente che le chiese e i monasteri; questi ultimi, abbandonata la sobrietà che solitamente caratterizzava l’architettura monastica,  entrarono in competizione con l'edilizia privata per l' ostentazione dei materiali e per la ricchezza dell'apparato decorativo.
 Palazzo Celestini, insieme alla chiesa ,occupa oggi 3600 metri quadrati dei 3900 dell’ intero isolato  , tra Piazza Municipio, via Angelo Fraccacreta, vico Mustacci e via dei Quaranta, con tre cortili, cantine e ambienti che si sviluppano con due piani fuori terra. Solo un angolo di circa 300 metri quadrati, tra via A.Fraccacreta e vico Mustacci , da sempre di privati, fu demolito nel 1957 per la costruzione della nuova sede del banco di Roma. Alla banca e a privati appartiene la maggior parte delle cantine, un tempo tutte del monastero.
Tutto l’apparato decorativo (portale, pozzo, acquasantiere..) del complesso architettonico del Monastero dei Celestini di San Severo è caratterizzato dalla ripetizione di uno stemma alquanto singolare ( due pagnotte, sotto la croce con il serpente) che trova le sue origini in un monastero, oggi abbandonato e allo stato di rudere, tra Apricena e Poggio Imperiale: san Giovanni in Piano.

L’ eremita Trifone e origine del monastero di San Giovanni in Piano
San Trifone era un eremita che nella prima metà dell’anno 1000  si dice che abbia dato ospitalità al conte Petrone di Lesina che si era perduto nei boschi della zona durante una battuta di caccia notturna.  L’indomani l’eremita donò al conte, prima che questi riprendesse il viaggio di ritorno, due pani .
Il conte ricambiò tanta cortesia facendo erigere presso l’eremo un piccola chiesa chiedendo che  l’episodio dei pani fosse riportato in forma simbolica.
Successivamente Petrone fece dono alla nascente comunità benedettina di molti possedimenti e curò la costruzione del primo monastero inaugurato da lui stesso il 1088. Il convento fu affidato dal conte a frate Ainardo.
I beni donati al monastero da Petrone furono riconfermati dal nipote Goffredo anche lui conte di Lesina e, successivamente nel 1221 da Federico II. (nota 1)

Presenza di Pietro da Morrone (Celestino V) a S. Giovanni in Piano
Il 1276 Pietro da Morrone, alla continua ricerca di solitudine, lascia la badia di S. Spirito a Maiella e si sposta nel monastero di s. Maria in Faifoli (presso Campobasso) e stringe rapporti con Carlo I D’Angiò che prende il monastero sotto la sua protezione per liberarlo da vessazioni da parte di un certo Simone di S. Angelo.
Nell’arco di tempo tra il 1276 ed il 1279 lascia Faifoli e si trasferisce al monastero di s. Giovanni in Piano   bisognoso di restauri in quanto cadente. Durante la sua assenza riprendono le persecuzioni contro il monastero di Faifoli fino al punto che fra Pietro decide di trasferire in san Giovanni in Piano i 40 monaci del monastero molisano. S.Giovanni in Piano grazie alla presenza dei monaci da poco immigrati riprende nuovo vigore e rifiorisce.
I Celestini erano religiosi della congregazione fondata da Pietro di Morrone ( poi papa Celestino V) verso il 1264 all’interno dell’ordine dei  benedettini.
La prima congregazione era retta dall’abate di S. Spirito a Maiella (Sulmona).
Gli ordini dei celestini in Italia furono soppressi definitivamente tra il 1807 ed il 1810.


Trasferimento a San Severo
Nel 1300 l’Episcopio di Lucera rivendicò i propri diritti sul monastero di S. Giovanni in Piano.
Questa disputa fu riportata in un documento del 15 ottobre 1300 dato a città di s. Maria
In tale documento il procuratore di s. Spirito a Sulmona chiese alla sede apostolica di intervenire contro AIMARDO, vescovo di Lucera.
Nel 1330 circa un episodio di violenza perpetrato ai danni di due monaci del monastero (Fra Gentile e frate Guglielmo furono uccisi da un certo Nicola, nipote del vescovo di Lucera) , le continue angherie da parte della nobiltà di Lesina ed alcune invasioni turche convinsero i monaci di San Giovanni in Piano a trasferirsi a San Severo in alcuni locali di loro proprietà nel mezzo della pubblica piazza dove nel 1375 era stata costruita una piccola chiesa.
Il primo monastero era costituito dalla chiesa, dal chiostro e dai dormitori al primo piano affaccianti su questo ultimo. L’ingresso al monastero era ubicato in via dei Quaranta. Successivamente il fabbricato fu ampliato   fino al 1750, quando l’abate Turco ( nota 2) diede al complesso edilizio l’aspetto che ancora oggi possiamo vedere, spostando l’ingresso principale su quella che oggi è Piazza Municipio. Lo stesso abate curò la trasformazione del vecchio monastero di s. Giovanni in Piano in masseria affittandolo ai contadini e ricavandone rendite.

Con editto di Giuseppe Bonaparte del 13/02/1806 il monastero della SS.ma Trinità fu soppresso. Successivamente, con decreto di Gioacchino Murat del 28/04/1813 il convento e la chiesa annessa furono concessi al Comune per usi di pubblica utilità.

L’antico chiostro di Palazzo Celestini
Il cortile su cui un tempo si aprivano le arcate del chiostro è di forma quadrangolare e misura in media m.13.20 x 17.70, mentre prima del sisma del 1627 che provocò il crollo totale del lato dove oggi si trova la sala consiliare misurava m.13.20 x 15.20. Il porticato è largo in media 3 metri ed è coperto con voltine a crociera alte circa m.4.00.
 Dei  tre lati superstiti del chiostro, sono ancora visibili gli archi in muratura con le catene di sostegno.A metà degli anni cinquanta ,il lato del chiostro adiacente alla chiesa fu donato dal Comune a questa ultima e fu adibito a sagrestia. I due lati di proprietà del comune , chiusi con tramezzi per essere utilizzati come uffici e vani di servizio sono stati liberati dalle murature e resi percorribili come in passato. Verso la sala consigliare non si sa bene se  per passati interventi murari o per eventi sismici sono scomparse del tutto le campate del chiostro sostituite dalla  attuale parete con muri di sostegno.
 Riportiamo dal  manoscritto di Antonio Lucchino (Del terremoto che addì 30 luglio 1627 ruinò la città di San Severo e terre convicine) :”Del monistero de' Celestini caddero tutti i dormitori , e quello del Noviziato da' fondamenti, e della chiesa la tribuna, che con la sua rovina fracassò l'organo che vi era dentro.”Le pareti del primo piano conservano ancora le tracce di antiche lesene che iniziavano dall'incrocio degli archi e si sviluppavano in altezza fino al coronamento. Due arcate risultano inglobate in un muro di sostegno nella parete verso l'ufficio dei lavori pubblici. Dai pochi documenti che è stato possibile reperire risulta che alcuni lavori furono eseguiti verso il 1937, come il muro di rinforzo su via della Repubblica e la apertura degli sportelli al pubblico al primo piano.
A questo stesso periodo possono essere datati i  finestroni al primo piano in corrispondenza della sala consiliare. Le pareti risultano intonacate a calce , mentre i pilastri , in mattoni, presentano ancora tracce della pittura di colore giallo ocra chiaro. Il coronamento superiore è formato da conci di pietra calcarea disposti a filari sovrapposti con vari ordini di cornici.Due contrafforti in mattoni pieni, a rinforzo della parete esterna della sala consiliare furono realizzati nei primi anni degli anni 60, mentre un WC pensile fu costruito agli inizi degli anni 70. Sempre dalle Cronache di A. Lucchino:…”Il claustro è ornato di pergolate le cui viti producono l’uva tre volte l’anno, e vi è un bellissimo piede( albero) di merangoli. Sta situato nel più bel luogo della città, in mezzo della piazza a man destra”…Strano a dirsi, due alberi di arance amare (i merangoli appunto) fanno ancora bella mostra di sé verso il tratto di chiostro annesso alla chiesa. Lungo la parete della sala consiliare si sviluppano in altezza tre palmette dal fusto esile una quarta è situata nell’angolo sud est.
In posizione eccentrica rispetto al chiostro, ma in asse con l’antico corridoio di accesso da via dei Quaranta si trova il pozzo cisterna con la bocca in pietra su cui sono presenti due stemmi, uno riportante il simbolo di Celestino con i due Pani e l’altro con le iniziali di San Giovanni, il che lascia supporre che sia stato trasportato da San Giovanni in Piano probabilmente con il trasferimento dei monaci alla fine del 1300.

Progetto di valorizzazione e fruizione del chiostro
Il recente progetto di valorizzazione e fruizione del chiostro ha inteso dare al chiostro una funzione vitale per lo svolgimento di attività culturali e di riti civili, oltre che rendere tale realtà, nascosta per decenni, a disposizione della popolazione di San Severo. Per realizzare la piena fruibilità, i muri del chiostro sono stati liberati dai compressori dell’aria condizionata, dai cavi e dalle tubazioni a vista che li ricoprivano. Sono state eliminate tutte le superfetazioni come bagni pensili, tramezzi e vetrate realizzati a chiusura delle arcate. Tutte le tubazioni idriche, di riscaldamento, i cavi elettrici e di trasmissione dati , sono stati totalmente interrati. Alcune lampade a led diffondono la luce illuminando le arcate dal basso. Particolari prescrizioni sono state imposte dalla Soprintendenza ai Monumenti per cui sono state conservate tutte le modifiche apportate alle murature , conservando le cornici con rotture e lacune, senza riempirle con falsi storici. Così le superfici delle pareti esterne potranno apparire “strane”a prima vista, ma , a guardarle bene , saranno in grado di raccontare le varie fasi storiche e le trasformazioni apportate alla fabbrica fino ad oggi. Le acque meteoriche che prima si riversavano in parte nel suolo per le rottura del vecchio cunicolo di smaltimento  sono state raccolte con un efficiente sistema di sifoni con tubazioni in PVC a tenuta ermetica in grado di portare all’esterno tutta l’acqua piovana proveniente sia dal pavimento che dai tetti.I pavimenti del porticato e del cortile, in cotto della Sannini, sono stati posati su un vespaio areato per evitare la condensa.   Le pareti esterne, i pilastri e parte delle pareti del porticato sono state trattate con pittura a calce la cui tinta si avvicina, dopo avere effettuato una stratigrafia delle pitture a parete, alla prima colorazione eseguita in passato sull’intonaco originale. Un piccolo “tappeto” di mattonelle di cemento colorato di fine ottocento ,venuto fuori sotto trenta centimetri di terriccio, è stato ripulito e ricollocato nella stessa area in cui fu scoperto. Sono state recuperate delle vecchie pianelle in cotto, prima usate come bordo di aiuole,  posandole dove si trovava, un tempo, il quarto lato del chiostro oggi non più esistente.
                                                                  Arch. Giovanni di Capua

Note:
1)
Dal Fraccacreta volume IV pag.56 e seguenti:
il conte Petrone, duca e signore di Lesina, erede di Roberto il Guiscardo, nell’anno 1092 dona alla chiesa i territori di Ripalta e S. Giovanni in Piano. Non sappiamo se si tratta dello stesso Petrone ospitato dall’eremita Trifone, perchè gli eredi portano lo stesso nome .
 Fino ai primi anni del 1800 , nella sagrestia della chiesa dei Celestini era visibile a parete una tabella di palmi 2 x 2-1/3 in cui tra le messe da celebrare era riportata una messa cantata da celebrarsi, a titolo di gratitudine, entro otto giorni dalla natività di s. Giovanni Battista, per l’anima del Dominus Petrone ,conte di Lesina insigne benefattore del monastero.

2)
La parrocchia di s.Giovanni Battista nel 1750 vendette ai Celestini un gruppo di abitazioni ubicate sull’area dove adesso sorge l’ingresso principale del monastero. Altro gruppo di abitazioni di proprietà di privati e qualche piano terra della parrocchia di San Severino furono acquistati per essere poi demoliti in modo da formare l’attuale piazza Municipio.


 PRIMA DEI LAVORI- Lo stemma celestiniano sul portale di via dei Quaranta. Sotto la fascia centrale sono riportate le due pagnotte , simbolo dei lasciti normanni. In alto lo stemma di Celestino V con a lato due gigli angioini.

PRIMA DEI LAVORI - La parete verso la sala consiliare ancora occupata dai bagni pensili, dai compressori dell'aria condizionata, dal serbatoio dell'autoclave e dal groviglio di tubi dell'impianto elettrico a vista.

PRIMA DEI LAVORI - Il serbatoio dell'autoclave sotto l'arcata dell'antico ingresso da via dei Quaranta

PRIMA DEI LAVORI - Le unità esterne dei condizionatori alle pareti del chiostro. Sopra una di esse è possibile scorgere il capitello terminale di una lesena, scalpellata nel 1937, durante i lavori di "ammodernamento" del cortile.

L'antico portone d'ingresso su via dei Quaranta nel 2008, prima che l'incendio di un auto ne rovinasse lo stipite alla destra.


Una visione sulla piazzetta del portone su via dei Quaranta (2008)
Il balcone sopra la porta fu realizzato nel 1937 ampliando una finestra esistente . Sia la soglia , di graniglia di cemento ,che l'inferriata,  ripetono lo stesso disegno di quelle settecentesche.

Planimetria dell'intero isolato prima dei lavori


 PRIMA DEI LAVORI -Una sezione del chiostro con le arcate occupate dai tramezzi degli uffici

 DURANTE I LAVORI- L'ingresso antico al chiostro è stato ripristinato abbattendo il muro costruito sotto l'arcone alla fine dell'800.

DURANTE I LAVORI (2011)Una vecchia apertura  scoperta sotto l'intonaco che ricopriva un muro medievale è stata restaurata  e resa accessibile mediante la formazione di una rampa di scale in mattoni



DURANTE I LAVORI (2010) Le prime campate del chiostro, appena liberate dai tramezzi

 DURANTE I LAVORI (2010) Un pezzo di pavimento in cemento colorato di fine ottocento riappare sotto uno strato di terriccio

 DURANTE I LAVORI (2010) Dopo la realizzazione delle canalizzazioni per lo smaltimento dell'acqua piovana all'esterno si esegue il vespaio areato su cui sarà  posato il pavimento in cotto


Posa dei listelli in cotto sul fondo il pozzo cisterna 


le mattonelle in cotto che prima delimitavano le aiuole, sono state recuperate e posate dove un tempo era ubicato il quarto lato del chiostro.

Ultimata la posa dei listelli si procede alla pulitura delle fughe. Al centro del pavimento il pozzetto di raccolta delle acque piovane.


Esecuzione del massetto di finitura prima della posa del pavimento in cotto

Il pavimento in cemento colorato è stato posato nella stessa posizione in cui è stato ritrovato, adeguandolo al nuovo livello della pavimentazione

Posa dei listelli in cotto a "spina pesce"

lato sud est del chiostro durante la posa del pavimento in cotto

Un particolare della posa del pavimento sotto il porticato

Vista del pozzo durante i lavori di pavimentazione

DURANTE I LAVORI (2010) Campata sud del chiostro  dopo la posa dei casseri del vespaio areato

mercoledì 29 giugno 2011

il castello di San Severo


In San Severo (Fg) fino al 1750 erano ancora visibili fuori dal piano di  campagna i ruderi della porta detta “castello” per via delle torri circolari presenti ai quattro spigoli della costruzione che si ergeva da un profondo fossato.
Porta Castello era una costruzione , dalla pianta quasi quadrata  con lati lunghi m.23 circa , che sorgeva a cavallo delle mura urbiche, interrompendone il circuito  per cui delle quattro torri angolari due risultavano all’esterno verso Torremaggiore mentre le altre due, ancora oggi visibili sotto il livello stradale, cadevano all’interno della città.
La parte ancora esistente di porta castello si può vedere dopo essere discesi attraverso scalinate all’interno di proprietà private. Le mura esterne della costruzione sono quasi totalmente interrate e pertanto non visibili fatta eccezione per un lungo tratto a scarpa che forma una delle pareti di una cantina di privati con scalinata di accesso da Piazza Castello.
 Della vecchia costruzione, sotto il piano stradale, sono visibili i corpi di guardia con volte di pietra con camini, celle , feritoie, finestre verso il fossato e scale per raggiungere degli ambienti sottostanti oggi non raggiungibili per essere stati colmati da macerie. E’ presente anche una cisterna per la raccolta delle acque piovane e scala in blocchi di pietra per collegare i livelli di accesso alla porta con la città ad una quota più alta.
Di un certo interesse è poi la tecnica costruttiva dei muri interni che appaiono simili alle mura del castello di Lucera; la muratura è in prevalenza realizzata in mattoni di terracotta alternati a ciottoloni di fiume con cantonali in pietra calcarea.
 Un tratto esterno della torre circolare detta “pozzo della regina” ad angolo tra vico Regina e piazza N. Tondi è visibile attraverso una sbrecciatura di un muro perimetrale. La presenza di questa torre è riportata nel Teatro topografico della Capitanata dello storico locale Matteo Fraccacreta. In questo testo la torre era ricordata come Pozzo della Regina, per la presenza di acqua nel suo fondo.
Il piano interrato oggi visibile corrispondeva al livello del fossato che circondava la costruzione e tale ipotesi è ampiamente suffragata dalla presenza di  finestre e di feritoie aperte sui muri perimetrali. Alcune scale sono state realizzate all’interno dei muri, ma le uscite verso il piano terra sono state bloccate per il diverso uso dato ai locali oggi a pianoterra.
Porta Castello di San Severo per le sue caratteristiche costruttive non si discosta dai castelli di Dragonara e Serracapriola.
presa d'aria e di luce al piano sotterraneo invaso dall'acqua

Parte terminale del vico senza uscita, residuo dell'antico cortile del castello

antico finestrino del castello

vecchio forno in mattoni, privo della calotta anteriore 

planimetria redatta dall'arch. G. di Capua.E' visibile il mercato coperto costruito nel l936 su progetto dell'ing. A. Gervasio
1996- un'apertura è stata ricavata nel passato nella muratura del castello.

Aperture, oggi murate, che un tempo conducevano al fossato

Un tratto visibile della torre della Regina



Ricostruzione di piazza san Giovanni al tempo del castello

planimetria redatta dall'ing. Salvatore Caruso nel 1892.
I cerchi numerati indicano le fosse granarie

Progetto di viabilità redatto dall'ing. Salvatore Caruso nel 1892.
Nel progetto si prevedeva il taglio di parte di casa Tondi.

Primo piano di casa Tondi con ipotesi di taglio della parte di casa su largo Castello



prima ricostruzione nel 1996 (G. di Capua) della pianta del castello con l'indicazione delle fabbriche circostanti

(G. di Capua) ubicazione precisa del castello e ipotetico tracciato delle mura

mercoledì 22 giugno 2011

San Severo scomparsa

Parete su via Daunia di palazzo Stampanone nel 2011. Il balcone e la finestra davano luce , fino al 1570 alle camerate dell'ospedale di santa Sofia.

formella in vico Prudenza

stemma celestiniano in vico Mazzilli

mascherone ligneo in vico Tesoro

Largo Sanità prima della costruzione dell'"Università"
Una volta settecentesca di palazzo Stampanone.

Edificio a Porta Foggia
(foto L. Biccari) casa ad angolo tra via A. Fraccacreta e vico Mustacci oggi occupato dal banco di Roma alla fine degli anni '50.









vista di scorcio del fabbricato sostituito alla fine degli anni '50 dal banco di Roma





Palazzo Casillo in via Checchia Rispoli


via Soccorso, sulla destra la vecchia sede della "Casa del Regalo", demolita agli inizi del 2011

Cortile di via Orione ( demolito nel 1969)
ex palazzo Iannarelli in vico Curvo demolito agli inizi del 2011 (piano casa)
ex palazzo iannarelli in vico Curvo, demolito agli inizi del 2011




La facciata dell'ex palazzo Iannarelli durante la ricostruzione resa possibile con la delibera comunale di settembre 2009 con la quale è stata applicata anche in centro storico la ricostruzione, previa abbattimento, con un aumento di cubatura del 35 % rispetto al volume esistente. I rapporti dimensionali della vecchia piazzetta sono stati completamente alterati e distrutti .

Il consorzio Agrario su via G. Fortunato
Scala in muratura nella piazzetta in vico Granata
Vista dei gradini della scala in muratura nella piazzetta in vico Granata
Palazzo Toma in via U. Fraccacreta
Fabbricato su vico Freddo ( notare l'accrescimento verticale delle due falde realizzato nell'800)
Prospetto del Seminario su via Soccorso (a sinistra la palazzina settecentesca al cui piano terra si trovava la "casa del regalo" demolita tra aprile e maggio del 2011)
Vista del cortile interno del fabbricato tra via Soccorso e vico Freddo. Il tetto lungo sul fondo appartiene al "cinema Patruno"
terrazzino del palazzo Toma su via U. Fraccacreta
 
Cortile di via Orione- particolare-